Antonio Albanese. Buon compleanno a uno dei comici migliori che abbiamo

Parliamo qui di un comico davvero di talento, elegante e mai banale, che fra l’altro oggi compie gli anni: Antonio Albanese.

Albanese ci ha abituati oramai da oltre vent’anni in tv a personaggi centrati e molto ricercati, che posseggono un motivo comico di fondo, una esasperazione sociale che a volte deriva dalla contingenza, altre meno.

Arriviamoci per gradi.

Se per momenti iconici ciclici intendiamo quelle battute o quegli atteggiamenti risibili propri di ogni personaggio o, più generalmente, di un comico, che il pubblico aspetta e nei quali libera la risata, ci accorgiamo che questi sono creati sempre su un medesimo accostamento di termini, su una stessa espressione o con uno stesso schema; è uno dei modi più ‘semplici’ di costruire la comicità, che abbonda da anni per esempio a Zelig: chi non ricorda il racconto dell’ultimo Gran Premio con ‘Sor Ciumacher’ di Oriano Ferrari (Marco Della Noce) o l’incipit delle storie di Pino dei Palazzi di Giancarlo Kalabrugovic? Per citarne due molto conosciuti.

Antonio Albanese invece in questo senso è tutt’altro che scontato. Vediamo per esempio Cetto Laqualunque, che sfrutta sicuramente al meglio i tempi dello sketch comico, proponendo i momenti iconici ciclici come «cazzu cazzu» ‘in levare’ anziché ‘in battere’, in controtempo, non sul tempo forte, cioè quando la battuta è conclusa o, comunque, quando non ce li si aspetta.

I personaggi migliori di Albanese riescono a uscire fuori dal sistema bloccato dei momenti iconici ciclici per quell’immancabile presenza del motivo comico sociale di fondo di cui parlo sopra.

I personaggi come Cetto, dunque, sono perfettamente funzionali perché ottimizzano quei dieci minuti dello sketch per proporre un tema collettivo in maniera, come abbiamo visto, spesso non banale. Fatalmente però certi personaggi sono pensati per reggere il tempo di uno sketch, quei dieci minuti in cui riescono a parlare di un episodio contingente, con l’ariosità artistica data loro dal non dover sottostare alla regola della ciclicità espressiva – certo –, ma anche con l’impellente necessità di non abusare troppo dell’unico motivo per cui alcuni di essi sono stati creati: una precisa contingenza storica. È così per molti personaggi di Albanese e, di certo, per Cetto Laqualunque, figlio immancabile dello scadere morale della politica del nostro tempo.

Ecco, infatti, che un film basato su Cetto, diluito oltre i perfetti dieci minuti di un’ospitata televisiva o uno sketch teatrale, non convince. Ma non tutti i personaggi di Albanese hanno questa caratteristica, e non tutti i film. Diversa è la situazione per Alex Drastico e precisamente opposta quella di Epifanio Gilardi, sul quale è stato modellato il primo film del comico lecchese, Uomo d’acqua dolce (Antonio Albanese, 1996, nel film Epifanio si chiama Antonio), e che di seguito vedremo da vicino come contraltare.

Per capirci, l’Epifanio che Antonio Albanese usa nel film si avvicina al Fantozzi di Paolo Villaggio: non è importante l’azione in sé ma il prototipo, la categoria mentale che quel personaggio rappresenta nalla storia dell’uomo – da qui il geniale Superfantozzi (Neri Parenti, 1986) –, il suo modo di essere. Per quanto Cetto non risenta estremamente del contingente come, per esempio, Frengo (irrimediabilmente inchiodato al calcio, al Foggia, a Zeman), la sua realtà rimanda alla caricatura politica del Sud Italia, per cui è limitata anche nello spazio ed esponenzialmente amplificata a suo tempo col berlusconismo bizantino più ostentato. La percezione di Cetto nel nostro tempo si realizza esclusivamente nel qui e ora.

Esaurito il fatto di cronaca – e dieci minuti è il tempo massimo che gli possiamo concedere –, il personaggio deve solo aspettare che si chiuda il sipario e dare appuntamento al prossimo sketch. Epifanio, al contrario, è una categoria dell’anima, un delicato personaggio mai calato nella realtà, del tutto impermeabile all’omologazione al mondo, che il mondo – il suo – ce l’ha dentro. Non solo non è nato dal contingente e non deve rispondergli per funzionare, ma quel contingente lo elimina persino nella sua natura intrinseca: non se ne cura, non si cura dei comportamenti normali. Non un dis-adattato, più precisamente un in-adattato: un sognatore capace di smuovere simpatia, tenerezza, riso amaro.

Epifanio ha la caratterizzazione dettata dall’essenza senza tempo, che è fatta della stessa sostanza dei personaggi di Shakespeare: ha un mondo suo, completamente disgiunto dal contingente, ma quello che è più importante è che rappresenta un modo di essere, come Amleto, come Otello, come tutti quei personaggi senza tempo che ci descrivono e arrivano a essere esemplari.

Da qui, Uomo d’acqua dolce funziona perché Epifanio funziona anche, e meglio, nel tempo lungo. D’altronde uno dei modi in cui Albanese ha utilizzato il personaggio è stato proprio come spalla al conduttore per Mai dire gol,  perché Epifanio è una declinazione, un modo verbale, una inflessione; Cetto invece è una forma verbale predefinita, forse un verbo irregolare, o persino scrittura sotto dettatura, comunque una situazione bloccata, quindi arbitrarietà semiotica: le battute sono quelle e il pubblico – in battere o in levare – se le aspetta e ne gode. Lo stesso nome ‘Epifanio’, invece, rimanda a una continua agnizione, continua scoperta, non consumabile ma fruibile, che funziona non per il contingente ma sul contingente, che a esso cioè viene applicato.

Per questo, Qualunquemente come film non convince, perché si basa su un personaggio perfettamente spendibile in uno sketch di dieci minuti, ma che assolutamente non contiene caratteristiche autonome che gli permettono di determinare le dinamiche narrative di una storia da lungometraggio; senza voler minimamente dare un giudizio sulla qualità registica di Albanese, Uomo d’acqua dolce, al contrario, è un film riuscito perché si basa su un personaggio che dà il meglio di sé nei propri tratti caratteristici, calandosi perfettamente nei tempi lunghi di un film.

Buon compleanno a uno dei migliori comici italiani degli ultimi vent’anni.