Balotelli è sempre il solito, anzi peggio
Parliamo di quello che è forse tecnicamente il più grande talento che il calcio italiano abbia sfornato negli ultimi 10 anni: Mario Balotelli.
Questa l’opinione comune: dopo la vittoria del Milan a Udine, finalmente pare abbia capito la lezione. Il ragazzo ha fatto un gran gol all’avvio, e in campo sembra un altro giocatore: non risponde alle provocazioni, non reagisce. È cambiato, forse ha capito.
Io però, a giudicare dalle poche parole rilasciate nell’intervista sul campo subito dopo la fine della partita, ci credo poco.
Partiamo da lontano. Sappiamo tutti di cosa stiamo parlando, a quali atteggiamenti ci aveva abituato il Balotelli di Inter, Manchester City, Milan e Liverpool, in campo e fuori. Riporto un episodio che risale alla fine di un Roma-Milan del 2014.
Nel post partita, in studio ci sono Marocchi, Boban e Panucci. Marocchi fa un’osservazione, peraltro condivisibilissima e molto ben argomentata, in cui dice a Balotelli che – premettendo che potenzialmente potrebbe essere il miglior giocatore al mondo – lo trova un po’ troppo statico. Balotelli prima fa finta di non conoscere Marocchi, poi gli dice che non capisce di calcio. Ora, giusto per capirci, quando Marocchi vinceva la Campions League, Balotelli era in prima elementare.
Insomma: questi erano gli atteggiamenti che declassavano un talento cristallino al rango di giocatore nemmeno accettabile, lontanissimo dall’essere un campione. E non è solo questione di forma: la tenuta comportamentale, la capacità di autocritica che porta a migliorarsi, sono caratteristiche decisive soprattutto in campo, nel rapporto con i compagni e anche nei risultati personali.
Ora nell’opinione generale Balotelli pare sia cambiato.
Sentiamo però le sue parole al fischio finale di Udinese-Milan dello scorso 22 settembre.
Quella che anche su Youtube viene riportata come un’“intervista divertente”, secondo me si rivela invece una spia decisiva che ci fa capire che non è cambiato proprio niente.
Queste le sue parole: «Piano piano mi tiro via dei sassi dalle scarpe perché nell’ultimo anno tra Italia e Inghilterra tutti quanti hanno voluto parlare di Mario. Io son sempre stato zitto. Piano piano mi tiro via le soddisfazioni. Poi risponderò anche a chi parla male».
Molto sinceramente credo che il signor Mario Balotelli non sia nella condizione di potersi togliere nessun sasso. L’espressione “togliersi sassolini dalle scarpe” ha come presupposto la certezza di aver subito un’ingiustizia. Ma chi parlava male di Balotelli lo faceva a ragion veduta, conseguentemente a episodi come quello con Marocchi sopra riportato.
Non è una cavillosa analisi linguistica la mia: questa breve intervista denuncia il fatto che l’atteggiamento non è affatto cambiato. Anzi, se si può è addirittura peggiorato, perché alla rabbia giovanile ora si è aggiunto il rancore.
Per Balotelli – per la sua ottica, per il suo modo di vedere le cose – ciò che faceva prima era giusto, tanto da fargli pensare che oggi possa essere nella posizione di “togliersi dei sassi dalle scarpe”.
No, non ci siamo. Ed è un vero peccato.
Il guaio è che se a 18 anni il fatto di sentirsi incompreso ci può anche stare, a 25 anni la faccenda comincia a essere davvero noiosa.
Spero di sbagliarmi.
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