De André, Bubola e Don Raffaé. Questioni di cronaca, critica e giornalismo

Quanto ne sa un autore delle proprie canzoni? Argomento in apparenza semplice; in realtà molto complesso.

Oggi uno dei nostri migliori cantautori, Massimo Bubola, ha voluto precisare un aspetto di una sua canzone su Facebook. Potete cliccare sulla foto sottostante per leggerlo:

L’ho condivisa qui per fare una riflessione. L’occasione si è avuta con il dibattito seguito alla recente morte di Raffaele Cutolo, boss della camorra a cui Bubola e De André avrebbero – secondo leggenda – dedicato il brano “Don Raffaé“, firmato in siae De André/Pagani per la musica e De André/Bubola per il testo. Oggi Bubola ci dice chiaramente che la canzone non è attribuita a Cutolo. Bene: sulle attribuzioni l’autore è certamente quello che ne sa di piu. L’interpretazione invece – che è cosa ben più vasta e complessa – la lascerei alla critica.

Se le parole hanno ancora un senso, il campo di azione di chi interpreta non può fermarsi alle circostanze che hanno portato all’opera d’arte, ma investe tutto ciò che quell’opera è in grado di sprigionare. Ecco, nel caso di un linguaggio espressivo così vasto come la canzone – che riguarda sia l’estetica che la sociologia – il legame tra il segno e l’immaginario collettivo va molto oltre l’idea dell’autore: la canzone gli scappa di mano molto facilmente, ed è quella spesso la sua forza. L’energia iconica di Raffaele Cutolo, la sua efferatezza e la sua irricevibilità, serve “Don Raffaé” in maniera etimologicamente sublime, soprattutto per acuire lo scarto tra Don Raffaé e Pasquale Cafiero, ultimo della società, che subisce le angherie declinte a sistema di valori, nel luogo dove invece l’ipocrisia borghese individua l’emblema del rispetto della legge. Tutta questa potenzialità torna in carne e ossa attraverso Cutolo: se prima dunque abbiamo parlato di sublimazione, per intenderci, questo movimento inverso è una sorta di brinamento.

Ad ogni modo, il realismo di una canzone è un continuo andare e tornare dalla denotazione alla connotazione, dalla realtà all’idea del mondo. Il realismo in canzone è circostanza complicata. Una canzone è fatta di fonemi, intervalli musicali, accordi e denotazioni verbali che vanno sempre convogliate in un immaginario di riferimento. Un bravo autore padroneggia tutto questo ma si guarda bene dall’interpretarlo. Sono d’accordo però con Bubola, infine, su un aspetto: il giornalismo non fa niente di tutto questo. È proprio un altro mestiere.